Capire meglio la fobia sociale, le sue manifestazioni e le relative conseguenze
La fobia sociale (o ansia sociale) è caratterizzata dalla paura intensa di affrontare alcune situazioni o prestazioni sociali nelle quali l’individuo sente di essere visto e giudicato dagli altri.
La paura principale è quella di essere criticato per quello che si fa e per come ci si pone nei confronti degli altri.
La persona può quindi decidere di restringere il proprio mondo relazionale, e più in generale la propria libertà di movimento, proprio per evitare di sperimentare la forte sensazione di ansia che ne deriva.
Provare ansia nelle situazioni che in qualche maniera richiedono una prestazione può essere considerato “normale” se questa viene sperimentata entro certi limiti. Consideriamo infatti l’ansia “buona” quella che informa l’individuo sui pericoli a cui potrebbe andare incontro e lo indirizza nella ricerca di soluzioni adeguate al contesto; in questo senso rappresenta per il soggetto un importante stimolo all’azione (Braconnier, 2003).
L’ansia dunque è un’emozione complessa che può spingere la persona ad agire o, al contrario, a bloccarne il comportamento.
Le persone che soffrono di fobia sociale temono quindi di apparire ansiose e di mostrare i segni del loro disagio (sudare, tremare, arrossire, balbettare ecc..) e la conseguente paura di essere giudicate per questo.
Spesso la fobia sociale viene sottostimata, spiegandone la relativa manifestazione attraverso l’individuazione di caratteristiche temperamentali e/o caratteriali (es. persona timida, riservata).
Si possono distinguere due tipi di fobia sociale.
La fobia sociale semplice (o circoscritta) si limita ad una o poche situazioni isolate (es. parlare in pubblico o esibirsi davanti a delle persone). In questi casi la sensazione di malessere non migliora durante la prestazione ma può persino bloccare la persona.
Nella fobia sociale generalizzata invece la persona teme quasi tutte le situazioni sociali. In questi casi può anche non essere presente l’ansia di performance ma sono invece presenti gravi difficoltà interpersonali e di inibizione comportamentale.
I sintomi fisici più comune sono quindi l’aumento del battito cardiaco, il rossore del volto, l’eccessiva sudorazione, la secchezza delle fauci, difficoltà a deglutire, tremori e malesseri gastrointestinali.
L’esordio del disturbo avviene in genere in fase adolescenziale o nella prima età adulta con conseguenti compromissioni sul piano interpersonale e sociale e la possibilità di sviluppare vissuti di rabbia, isolamento e conseguenti disturbi dell’umore (depressione secondaria).
Psicoterapia
La psicoterapia può rappresentare un valido strumento per affrontare tale condizione di disagio. Attraverso i colloqui con lo specialista si cercherà di indagare in che modo la persona interpreta il proprio malessere alla luce di quello che accade nel suo agire quotidiano ma anche relativo alle proprie esperienze passate. Sappiamo infatti che alcune persone mostrano maggiore sensibilità al giudizio, e la possibilità di esperire il disagio, già a partire dalle prime esperienze di vita, ad esempio attraverso la partecipazione a contesti aggregativi strutturati (gruppi sportivi, attività) o informali (gruppo di pari).
Attraverso il supporto continuo dello specialista la persona potrà scegliere di sperimentarsi in modo diverso nelle varie situazioni, con la garanzia di ricevere l’aiuto necessario, l’ascolto e la condivisione dei timori o dei fallimenti che potrebbero ancora mantenersi e nuovamente presentarsi.
Dott. Vincenzo Bruno Psicologo Psicoterapeuta
Centro di Psicologia e Psicoterapia Polaris
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